18/09/11

un'altra che avvisa

Ho un'amica di settant'anni, una donna speciale. Una che ha fatto una vita di merda con uno stronzo vicino, che poi io lui non l'ho mai conosciuto, ma non ho dubbi che lo fosse; ora è morto lo stronzo, dopo che lei lo aveva sfanculizzato.
Adesso lei sta bene, ma una sera m'ha detto "ho un solo rimpianto d'essere ormai vecchia e mi piacerebbe avere un uomo che che mi ami per come sono, che ami me, ma è tardi". Ed io avrei, in quel momento, voluto avere la sua età, e stringerla, e amarla come merita, e non c'è giorno che non ci pensi, che non pensi "ma è possibile che non ci sia un cazzo d'uomo che si accorga di lei ", e mi spiace che possa aver ragione che possa essere tardi.
C'è un'altra cosa che dice sempre: -le cose che leggiamo non sono mai casuali e sono sempre la risposta ad una domanda, ad un problema che abbiamo avuto nel corso della giornata, ad un pensiero-.
Montedidio
Col buio Maria sale ai lavatoi, non mi tocca, non mi chiama il piscitiello fuori dalla pelle. Ha detto basta al padrone di casa, quello l'ha presa male, ha fatto la minaccia dello sfratto, i genitori di Maria gli devono le mensilità arretrate. Maria gli ha sputato davanti ai piedi e se n'è andata. Butta fuori il coraggio è femmina appuntita e gia conosce lo schifo. È finita la commedia, dice, che lui la chiama principessa, la fa vestire coi panni della moglie morta, le mette le cose preziose e poi la tocca e si fa toccare, ora lei non vuole più perché ci sto io. Ci sto io: tutt'insieme divento importante. Finora la mia presenza, c'era o non c'era, non spostava niente. Maria dice che io ci sto e così ecco qua che me n'accorgo pur'io che ci sto. Mi chiedo da solo: non me ne potevo accorgere da solo di esserci? Pare di no. Pare che ci vuole un'altra persona che avvisa.
Erri De Luca

15/09/11

cultura

Qualche giorno fa minima & moralia pubblicava un'anteprima, uscita su Repubblica, del libro intervista di David Lipsky a David Foster Wallace, ne riporto uno stralcio che, per quanto nei commenti se ne critichi la banalità, oltre alla presunta opera di sciacallaggio della casa editrice, a me è sembrato illuminante riguardo al perverso atteggiamento di coloro che si ritengono parte di un'elite culturale.

Ti chiedi mai se i libri sono fuori moda? Te ne preoccupi mai? Come dicevamo ieri, erano dieci anni che Rolling Stone non faceva un pezzo su uno scrittore della tua età.
Penso che un tempo i libri fossero una componente importante del dibattito culturale, in una maniera in cui oggi non lo sono più. E il fatto che Rolling Stone, una rivista mainstream piuttosto importante, non ne parli più come una volta dice molto. Non tanto su Rolling Stone. Quanto sull’interesse che la nostra cultura nutre verso i libri.
Per me… lo sai anche tu, quando ci vediamo con altri scrittori questo diventa un grande argomento di conversazione, perché ci mettiamo tutti a lagnarci e a piagnucolare. Parliamo del declino dell’istruzione e del calo della soglia di attenzione della gente, e della responsabilità della tv in tutto questo. Ma per me la domanda interessante è: cos’è che ha fatto sì che i libri diventassero una parte meno importante del dibattito culturale? [...] Ecco, secondo me molti di noi si dimenticano che in parte la colpa è dei libri stessi. È che probabilmente, sai… si crea una sorta di circolo vizioso per cui, man mano che gli scrittori perdono importanza a livello commerciale e rispetto alla cultura di massa, cominciano a difendere il proprio ego parlando sempre di più fra loro. E ponendosi come una sorta di conventicola chiusa in se stessa che non ha niente a che fare con i reali, normali lettori.


Il tono dei commenti non è stato dissimile da quello della maggior parte dei pollai che si possono trovare in rete, in questo caso però il tutto, insinuazioni comprese su disonestà intellettuale dell'editore, sono in bella calligrafia e condite con qualche riferimento colto alle turpi abitudini che hanno costretto, chi non lo sa, Dostoevskij a scrivere "Il giocatore" in meno di un mese.
L'impressione che ho avuto io, lettore e illetterato, è che nella loro banalità i concetti espressi da DFW abbiano colpito nel segno e messo a nudo la responsabilità, non completa naturalmente, del mondo della cultura (per usare un'espressione neutra) nell'allontanamento delle masse dalla parola scritta che non sia il quotidiano sportivo.
La ciliegina sulla torta è stato l'intervento del padrone di casa, Marco Cassini, che ha fatto mutare i termini della discussione e a me è sembrato, con le dovute differenze, di assistere all'irruzione di Ulisse a corte con i Proci che si affrettavano a nascondere le briciole della loro mancanza di educazione.