09/07/12

sottili differenze

  In un precedente post segnalavo la decisione della FIFA di permettere l'uso del velo alle sportive musulmane, lo facevo senza parole che non fossero quelle del titolo immaginandole superflue.
Mi sbagliavo.

   Colpisce, a mio giudizio, la supina ipocrisia dell'istituzione sportiva che, con un "se lo vorranno" di Pilatesca memoria, tralascia il fatto che nei paesi musulmani le donne non possono fare ciò che vogliono e la cosa è sancita dalla legge. Un solo esempio credo possa essere sufficiente a chiarire la cosa: il codice penale iraniano prevede la reclusione per il mancato uso della hijab in pubblico, immagino che norme simili siano presenti in numerosi altri paesi.

   Vorrei poi ricordare a chi ha colto lo spunto del video della fucilazione dell'adultera in Afghanistan per straparlare della condizione femminile in Italia che nel nostro paese e in tutti quelli occidentali cattivi e imperialisti, dal punto di vista normativo non c'è differenza alcuna tra i sessi e che i casi di violenza sulla donna sono perseguibili, sempre, e mai è prevista sanzione per la donna "colpevole" di adulterio. Fate il favore, quindi, di non paragonare le nostre miserie umane a quelle dei paesi musulmani, per rispetto principalmente di quegli umani, soprattutto di sesso femminile, che subiscono condizioni normative brutali e avvilenti.

   Per chi avrà la pazienza di leggerle riporto alcune parti copiate dal sito di Iran Human Right in un articolo di risposta alla dichiarazione di Grillo che vorrebbe la donna al centro della famiglia iraniana.
                    
   Secondo l’articolo 1041 del codice civile, l’età minima per il matrimonio di una donna è 13 anni. Il padre o anche il nonno della ragazza possono darla in moglie a un uomo di loro scelta, e di qualsiasi età. Quindi possono decidere, per assurdo, che una bambina di 13 anni sposi un vecchio settantenne. L’articolo 1060 del codice civile prevede invece che, se una donna iraniana intende sposare un uomo straniero, per farlo deve avere l’autorizzazione del governo. Mettendo insieme queste due leggi, se ne ricava che il diritto della donna iraniana a sposarsi con chi vuole è rimesso nelle mani dei maschi della sua famiglia o dello stato.

   L’articolo 1108 del codice civile stabilisce che il marito è il capofamiglia e che la moglie gli deve obbedienza. Nel caso in cui la donna rifiuti di obbedire senza ragioni concrete, non avrà diritto agli alimenti. Pensiamo alle numerose conseguenze implicite in una norma di questo tipo. La donna è costretta ad avere rapporti sessuali con il marito anche contro la propria volontà; non può uscire di casa, non può viaggiare, non può lavorare senza il permesso del marito. L’obbligo ad avere il permesso del marito per lavorare fuori di casa è peraltro ribadito dall’articolo 1117 del codice civile, mentre gli articoli 11 e 18, riguardanti la normativa sul rilascio del passaporto, stabiliscono che la donna, sia per ottenere un passaporto che per viaggiare fuori del paese, ha bisogno del permesso scritto del marito, salvo casi di emergenza in cui sarà il procuratore generale a rilasciare il permesso: ancora una volta o è l’uomo di casa o è il funzionario dello stato a decidere della vita della donna.

   Per quanto riguarda il diritto all’eredità, la donna iraniana è molto semplicemente considerata dalla legge la metà dell’uomo. L’articolo 906 del codice civile prevede che se il defunto ha i genitori, il padre eredita i due terzi, la madre un terzo. Se non ha genitori – dicono l’articolo 907 e il 908 – i figli maschi devono ereditare il doppio delle figlie femmine. Se ci sono fratelli e sorelle, di nuovo, ai maschi spetta il doppio delle femmine. L’articolo 949 afferma che, in assenza di altri parenti, in caso di morte della moglie, il marito eredita l’intero patrimonio di lei; se invece a morire è il marito, la moglie eredita un quarto dei beni e il resto va allo stato.

   C’è poi la parte che riguarda il codice penale. L’età mimima per l’incriminazione è di 15 anni per i ragazzi e di appena 9 per le bambine. Il “Diye” e cioè la sanzione da pagare a una persona che subisce un danno fisico, per le donne soggette al danno è la metà di quella per gli uomini per lo stesso danno della stessa entità. Questo vale anche per il caso del prezzo da pagare come retribuzione in caso di omicidio; il prezzo per un uomo musulmano è il doppio di quello per una donna musulmana.
L’articolo 630 codifica il delitto d’onore. Il marito che scopra la moglie adultera nell’atto consumare con un altro uomo può uccidere entrambi. Solo nel caso in cui la donna non fosse consenziente può essere risparmiata.

   Ricordiamo infine che in tribunale la testimonianza di un uomo vale quanto quella di due donne e che la donna che compare in pubblico senza hijab, cioè senza velo, può essere punita con una pena che va dai 2 ai 10 mesi di prigione.